mercoledì 27 luglio 2016

L'Approccio Centrato sulla Persona con l'infanzia e la famiglia

Con questo articolo ho intenzione di mostrare l'utilità dell'approccio rogersiano nel campo dell'infanzia e nel supporto genitoriale, in termini di promozione del benessere. Partendo dal presupposto che la persona, se sostenuto da un ambiente facilitante il suo processo di crescita, è un organismo degno di fiducia, profondamente saggio, abile e capace di percepire i propri bisogni e di porre scelte sane per il proprio benessere, possiamo ipotizzare, allora, come il setting rogersiano possa essere un luogo privilegiato di ascolto e di accoglienza dei vissuti del bambino, nonché di quelli genitoriali e di facilitazione di modalità relazionali più soddisfacenti. Nello specifico, il lavoro con genitori è un processo di attento ascolto, privo di giudizio e ricco di accettazione, empatia ed autenticità nella relazione: uno spazio, in cui le mamme e i papà possono confrontarsi su dubbi, timori educativi, esplorando, senza paura del biasimo, anche gli aspetti più scomodi che percepiscono nella relazione con i propri figli: un genitore vorrebbe essere perfetto, disponibile, privo di sentimenti di rabbia e rancore verso i propri piccoli. Ma, nel momento in cui prova frustrazione, insoddisfazione, stanchezza, ecco che appare il senso di colpa per non sentirsi all'altezza del compito. Rogers stesso (1951) ci illustra, al contrario, che la distorsione di questi vissuti produce una sofferente incongruenza. Tipico è l'esempio che fa della madre che, volendo apparire sempre amorevole ed accudente, non riesce a percepire, prima, e simbolizzare, poi, correttamente i propri limiti, il proprio nascente malessere, la propria rabbia. Così, può accadere che inizi a somatizzare i propri conflitti, senza capirne il significato. Un ascolto empatico, un "to feel" non possessivo ma partecipativo, può divenire una valida opportunità per chi teme di mostrare la propria vulnerabilità.
Inoltre, le condizione necessarie e sufficienti (Rogers, 1957) - empatia, accettazione ed autenticità o congruenza - del terapeuta possono essere applicate, nel lavoro con i bambini, non solo in termini di di accoglienza e facilitazione dell'emersione di conflitti emotivo - relazionali e di alfabetizzazione emotiva, bensì in termini di promozione della loro autostima. In tal senso, un bambino con poca autostima, con poco senso di valore personale è un bimbo che non ha potuto godere di un rispecchiamento del proprio modo di essere, unico ed irripetibile: un bambino che, per non perdere l'amore genitoriale, ha iniziato ad introiettare e fare propri, valori, emozioni e costrutti esterni. Ad esempio, un bambino timido, silenzioso potrebbe percepire questo suo modo di essere come sbagliato, in quanto i genitori, consapevolmente o meno, non riescono ad accettarlo in questa sua peculiarità, attraverso messaggi, quali "Non essere timido! Vedi gli altri bambini? Non sono come te! Perché ti isoli?". Messaggi, questi, che non lo facilitano di certo nel suo processo di accrescimento e sviluppo verso forme di benessere (Tendenza Attualizzante).
 Da qui, il supporto genitoriale ha lo scopo di:
- Sostenere e dare fiducia alle competenze educative;
- Facilitare i genitori in un lavoro di consapevolezza (congruenza) dei loro messaggi e comportamenti educativi, al fine di poter apprendere, senza paura del giudizio, modalità comunicative e relazionali più funzionali e rispettose sia di sé che dei propri figli;
- Facilitare un lavoro di ricostruzione della loro storia relazionale, in quanto figli, per comprendere  la tipologia di stile educativo - relazionale che hanno ricevuto;
- Facilitare un lavoro di accettazione, autenticità ed empatia verso  l'unicità dei loro figli e verso sé stessi, in termini di risorse personali e potenzialità, fiducia, ma anche di umani limiti e fragilità;
- Facilitare il potere personale di coppia (mamma e papà non sono solo genitori, ma anche amanti, che necessitano di sani spazi personali);
- Facilitare il potere personale individuale (i genitori, oltre ad essere coppia, sono individui che necessitano di spazi personali di crescita e di benessere).
Il lavoro con il bambino dovrebbe:
- Sostenere il suo empowerment, la sua Tendenza Attualizzante, unica ed irripetibile, facilitando la fiducia verso le proprie capacità di scelta e verso i propri desideri;
- Offrire una holding, un'accoglienza calorosa, autentica ed accettante, soprattutto per quei bambini che stanno affrontando periodi di confusione, angoscia e paure;
- Facilitare l'emersione delle emozioni "difficili", non espresse per paura del giudizio esterno;
- Promuovere un percorso di educazione emotiva, affinché il bambino possa percepire e simbolizzare correttamente ciò che prova;
- Promuovere il senso del rispetto, anche delle diversità, di responsabilità personale ed il concetto di limite personale e sociale (non tutto è concesso e permesso)

© Francesca Carubbi
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giovedì 5 maggio 2016

Fiabe e Timidezza: un aiuto per facilitare la congruenza nel bambino

Ormai è risaputo che i libri aiutano. Anzi, oserei dire che i libri, come la scrittura creativa, riflessiva e solitaria salvano. Salvano dall'alienazione, dal senso di esclusione, dalla percezione dii una bassa autostima, donando una prezioso e profondo significato alla storia personale, al "chi sono veramente": perché sono io il protagonista, anzi il mio Sé più autentico, della mia Storia, della mia soggettività e nessun altro. Nello specifico, le fiabe, in termini sia di una loro lettura, nonché di una loro scrittura creativa o inventiva, permettono di entrare in quello che Brené Brown definisce "spazio sacro", ossia in un rispettoso ascolto di se stessi, in modo empatico ed accettante. Le fiabe permettono, infatti, di identificarsi con quei protagonisti del racconto che hanno la caratteristica di non essere sempre vincenti. Infatti, oltre alla principessa, al principe, leggiamo di streghe, orchi, mostri, che donano un contributo fondamentale per il lieto fine: senza di essi l'eroe o eroina del racconto non potrebbe raggiungere la sua meta ed il suo desiderio. Non dimentichiamo inoltre quelle fiabe che parlano proprio di diversità: il Brutto Anatroccolo, La Regina di Ghiaccio, la Bestia de la Bella e la Bestia, il Gatto con gli Stivali, Testa di Bufala, il Principe ed il Ranocchio... Il mettersi nei panni anche di queste figure permette al bambino di, prima comprendere che non esistono solo il bello, la bontà, il successo, ma anche il loro contrario e che questo contrario ha piena legittimità di esistere, in quanto insieme sono complementari. Inoltre, apprende che questa ambivalenza è dentro ognuno di noi. Accettare l'ambivalenza è un primo passo per allenare la propria congruenza (Rogers 1957; 1962), ovvero la capacità di entrare in contatto con tutti i nostri vissuti, anche quelli più scomodi, riducendo il rischio di proiettarli sull'altro. Perché questo è importante per il bambino? Nello specifico per quei bambini considerati "troppo" timidi, introversi e sensibili? Iniziamo da una premessa: la timidezza, ossia quel temperamento caratterizzato da riservatezza, introversione, ritrosia e senso di vergogna, non è vista di buon occhio dalla nostra società. In una società vincente, prestazionale, caratterizzata da alti tassi di bullismo verso ciò che è considerato diverso e perdente, i timidi fanno molta fatica ad essere accettati per la loro natura: quando vediamo un bimbo che si vergogna, che ha paura a mostrarsi, che tende a parlare poco, abbiamo sempre la tentazione di "scuoterlo", ossia di anticipare i suoi bisogni e le sue richieste, di essere direttivi, di non attendere sua fioritura, di criticarlo nella sua unica diversità e soprattutto di paragonarlo a chi appare più estroverso e sicuro di sé. Non dimentichiamo, inoltre, che il bambino timido è anche un bambino sensibile: spesso questi bimbi hanno sviluppato, infatti, una ipersensibilità sensoria ed emotiva, verso gli stimoli esterni. Da un punto di vista emotivo riescono ad entrare, molto profondamente, in contatto con le altre persone, percependone il loro stato emozionale del momento. Possiamo fare l'esempio del bambino che, suo malgrado, come ben descritto da Alice Miller, diviene l'"antenna sensibile" della famiglia, in quanto dotato di lettura profonda dell'altro, soprattutto nei momenti di difficoltà (il bambino che consola la mamma quando è triste, dimenticandosi, però, del suo diritto ad essere protetto e supportato). Sono bambini accettati condizionatamente, ossia a condizione che esaudiscano i nostri tempi, i nostri bisogni ed i nostri desideri, attraverso messaggi giudicanti verso il loro modo di essere unico ed irripetibile. In altre parole, tendiamo a vedere nel bambino timido, o meglio a proiettare in lui, le nostre insicurezze, mancanze, errori e biasimi, non facilitando in tal modo in lui lo sviluppo di una propria e soggettiva Tendenza Attualizzante (Rogers, 1051): il bambino impara ben presto che non può avere fiducia in ciò che è veramente, in tutte le sue sfumature esistenziali, ma che, per essere amato e non abbandonato, deve rinnegare la sua vera natura ed adeguarsi alle richieste degli adulti: "Devi essere come dico io". In tal senso, nell'educazione si dimentica spesso, la distinzione tra l'accettazione incondizionata dell'essere della Persona e l'eventuale non accettazione del suo comportamento. In termini pratici, con i bambini timidi si tende a confondere i due piani. L'essere del bambino viene giudicato come un comportamento sbagliato. "Non essere timido! Muoviti! Parla di più! Perché ti vergogni? Perché piangi sempre?" divengono giudizi senza appello, macigni di vergogna per il bimbo, il quale inizierà ad apprendere che le doti della timidezza, come la riservatezza, la capacità introspettiva e di ascolto, sono da biasimare. Il risultato sarà una distorsione della propria vera essenza, attraverso lo sviluppo di un Falso Sé, caratterizzato da falsa sicurezza interiore, nato per compiacere chi gli sta intorno. Allora la fiaba, soprattutto grazie alla presenza di quei personaggi
percepiti nell'immaginario come diversi, permette al bambino, all'interno di un tempo protetto, riservato e, soprattutto, rispettoso dei suoi tempi, non solo di integrare in modo autentico ed empatico, i lati di sé che non accetta, ma gli permette di drammatizzare e simbolizzare correttamente la  rabbia e la paura, legate al rifiuto ed alla non accettazione. Impara, insomma, che la Bella e la Bestia è dentro di ognuno di noi.

venerdì 8 gennaio 2016

Un pò di fiabe, giochi e filastrocche...


Con questo post vorrei offrire alcuni spunti di lettura per bambini e per gli addetti ai lavori
 Per i bimbi più piccini
Voglio segnalare questi bellissimi libri di filastrocche, cho ho avuto piacere di leggere. Sono utili per il contatto emotivo e non verbale con i bimbi piccoli, che amano ascoltare il suono della voce della propria mamma e papà: le filastrocche, grazie alla loro cadenza divertente e giocosa, non solo intrattengono il piccolo e ne facilitano lo sviluppo emotivo e cognitivo, ma sono un prezioso strumento di relazione affettiva tra lui ed il caregiver:


Per i bambini più grandicelli (dai 2/3 anni in su), che stanno vivendo i primi episodi di separazione e di crescita, segnalo questi tre piccoli capolavori (uno regalatomi da una delle mie migliori amiche, nonché collega - Dott.ssa Mariangela De Luca):



Per chi ama le fiabe e favole tradizionali, fantastica è la raccolta curata da Italo Calvino (trilogia edita da Mondadori) "Fiabe Italiane" e la versione italiana di Raperonzolo (Grimm), "Prezzemolina", curata sempre dallo stesso Autore.
Inoltre, dato che Frozen è stato un successo, perché non rispolverare anche "La Regina delle Nevi" di Handersen? E non dimentichiamo La Fontaine, Perrault e le belissime favole di Fedro ed Esopo. E per finire, ma non per ultimo, il capolavoro di Antoine De Saint - Exupéry "Il Piccolo Principe"




Per gli addetti ai lavori, per ciò che riguarda la simbologia della Fiaba, segnalo questi quattro libri:
- "Dalla Fiaba al Mito dal Rito all'Inconscio" di Marina Zaoli (che ho avuto il piacere di conoscere), Panozzo Editore;
- "Guarire con una Fiaba", di Paola Santagostino, Feltrinelli;
- "Il femminile nella Fiaba" di Marie - Louise Von Franz , Bollati Boringhieri;
- "Donne che corrono coi lupi", di Clarissa Pinkola Estés, Frassinelli;
Segnalo, per un'educazione emotiva e relazionale con l'uso delle fiabe, il mio articolo, pubblicato nella Rivista di Studi Rogersiani "Da Persona a Persona", anno 2009, pp. 181 - 190: "Storie narrate e narazioni del sè: l'uso della fiaba come strumento emotivo - relazionale nll'incontro tra generazioni"