lunedì 4 novembre 2019

Questione di "posizioni", ovvero lo spazio che occupiamo nella nostra esistenza

mani filo rossoC'è un bellissimo libro che consiglio vivamente a chi scrive o a chi cerca di buttarsi in questa arte affascinante: "questione di virgole: punteggiare rapido e accorto", di Leonardo G. Lucone (2018, Laterza). Un'opera che ci esorta a utilizzare, appunto, la virgola in modo corretto e non ridondante. La virgola, infatti, è un segno di interpunzione particolare: basta una sua collocazione diversa, ché il significato di una frase cambi irrimediabilmente. La virgola fa la differenza. O meglio, la sua posizione...
Da un punto di vista psicologico, vedo la virgola come metafora della nostra posizione esistenziale: "che posto occupiamo nel mondo?" e, soprattutto, "Abbiamo potuto godere di uno spazio mentale?", "di uno spazio d'amore?"... Insomma: "l'Altro ci ha pensati? Ci pensa? Ci ama?".
Per uno psicoanalista, lo Spazio d'Amore è collegato inevitabilmente al concetto di Desiderio (Recalcati, 2012), ovvero a come e quanto noi essere infantili, vulnerabili e bisognosi di cure, siamo stati trasformati da "primati" in Soggetti, ovvero in Persone uniche, soggettive e irripetibili, grazie alla Parola, veicolo di Desiderio e, di conseguenza, di amore.
Da un punto di vista fenomenologico, potremmo ridefinire suddetto quesito vitale in questi termini "Mamma e papà mi accettano per ciò che sono? Mi amano per la mia singolarità? Mi hanno desiderato nel profondo del loro cuore? Posso fidarmi della loro "accettazione positiva incondizionata" (Rogers, 1957)?
Non sono domande da poco. Anzi! Sono interrogazioni, la cui risposta - nel bene e nel male! - ci fa sentire profondamente nutriti di amore o, al contrario, irrimediabilmente dubbiosi e titubanti sul valore del nostro Sé...
Rogers lo ha spiegato molto bene: se un bambino non può godere di un clima facilitante la sua crescita, il suo sviluppo e la percezione del proprio valore, in termini di agente degno di fiducia, libero e responsabile (Rogers, 1951), questi non potrà sentirsi sufficientemente sicuro del Desiderio (Recalcati, 2012), ovvero dello Spazio o Posizione che occupa nella mente e nel cuore dei propri genitori, con tutto ciò che ne consegue in termini emozionali e di costrutto sulla percezione di Sé e degli altri. In altre parole, il bambino costruirà, in modo inconsapevole, quello che definiamo Falso Sé: una Struttura (Rogers, 1951), sì apparentemente ben radicata, ma, allo stesso tempo, profondamente fragile e vulnerabile al suo interno. Perché? Perché si appoggia su aspettative, percezioni, idee, valori non propri, ma progressivamente introiettati e pensati come se fossero i nostri (ibidem). Se non possiamo godere di sano ossigeno di cura e amore, ecco che abbiamo necessità di sopravvivere, di crearci una parvenza di "coerenza interna" (ibidem), di stampella esistenziale, di un innesto posticcio che possa pur sempre sostenere la nostra Tendenza Attualizzante (Rogers, 1980). Una coerenza che non può che divenire il nostro sintomo, che parla dello Spazio che abbiamo occupato all'interno delle nostre complesse dinamiche familiari. Una posizione che, se non vista (ed ecco, l'importanza della psicoterapia, in termini di ricostruzione delle nostre trame esistenziali, del nostro fil rouge vitale), tenderemo a ripetere all'infinito. Soffrendo senza sapere il perché.


© Francesca Carubbi
psicologa e psicoterapeuta rogersiana
Autrice
www.psicologafano.com