Noi rogersiani sappiamo sin troppo bene quanto il bambino, per ciò che concerne il Nostro Approccio, sia l'emblema di ciò che Rogers (1951) definisce "saggezza organismica" (cit. in Carubbi, 2018). Se l'infante, in altre parole, può godere di un ambiente familiare e sociale profondamente accettante ed empatico e, allo stesso tempo, congruentemente limitante e quindi regolatore e autorevole, costui potrà autodirezionarsi, accrescersi e svilupparsi (Rogers, 1951;1980) verso forme esistenziali soddisfacenti, uniche ed irripetibili. Ciò può avvenire solo nel momento in cui il bimbo può simbolizzare correttamente, senza distorcere e negare (Rogers, 1951), la propria esperienza cognitiva e, soprattutto, emotiva: un bambino autentico, da qui, è quello che può sia entrare in contatto, senza timore di giudizio e senza di reificazione o alienazione, con i propri vissuti emotivi, nonché poterli nominare ed esprimere in modo congruente, perché sa che potrà contare sull'ascolto e contenimento di una"base sicura" (Bowlby, 1990), quale quella genitoriale.
Di conseguenza, il "vero sé" del bambino, poiché accettato incondizionatamente, potrà esprimersi senza minacce: il bambino non dovrà assumere una maschera di circostanza (Rogers, 1951) e reprimere determinati vissuti piuttosto che altri. Ma cosa potrebbe succedere se i genitori dovessero, anche non volendo - siamo esseri fallibili ed erranti, non dimentichiamocelo! - mostrare una non profonda accettazione delle emozioni del bambino, soprattutto quelle più difficili da gestire o da nominare in primis da costoro, come paura, rabbia, vergogna...? Be', il bambino inizierà a non avere più fiducia nella sua costruzione della realtà (Rogers, 1980), a distorcere e controllare ciò che prova per non turbare il genitore o per non avere un rimprovero: è come se si dicesse "se mostrassi ciò che sento, mamma e papà potrebbero spaventarsi o potrebbero sgridarmi. Così sarei cattivo e non mi amerebbero più...". Allora, tutte queste emozioni limitate, dominate seppur con fatica, soffocate non solo andranno ad alimentare una Struttura del Sé (Rogers, 1951), rigida e inflessibile, ma verranno spostate in un angolo della propria coscienza, il più lontano e, apparentemente, inaccessibile. Ma siamo a conoscenza che al calare delle difese del Falso Sé, come ad esempio attraverso il sogno, quale via regia dell'inconscio (Freud, 1899), tutto questo materiale emotivo trattenuto può riemergere in tutta la sua potenza attraverso l'incubo; ecco che la mente del bambino si popola all'improvviso di draghi, mostri, fuoco e così via...
Come intervenire quando vediamo che il nostro bimbo diventa profondamente turbato da ciò che sogna? Innanzitutto mostriamo empatia e accettazione: ciò farà sentire il bambino meno estraneo a se stesso e darà legittimità a ciò che prova. Tuttavia "non forziamo la mano": l'ascolto sarà attivo, ma non invadente; mostrate affetto e serenità: se doveste essere per primi scossi da ciò che sta succedendo, fermatevi e chiedetevi il perché, al fine di scongiurare proiezioni delle vostre paure su vostro figlio. Come al solito, poiché sono una favolista, se lo ritenete efficace e funzionale, aiutatevi con gli strumenti e linguaggio che più confanno al bambino: disegni, gioco e fiabe; abbiate fiducia nelle sue capacità creative e di sublimazione. Infine, se ritenete che vostro figlio stia vivendo un periodo profondamente conflittuale o doloroso che necessita di un professionista, non fatevi remore: non c'è nulla di male a chiedere aiuto. Abbiamo fiducia.
giovedì 25 ottobre 2018
giovedì 4 ottobre 2018
Empowerment, cittadinanza attiva e connessioni di comunità
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Immagine dal web |
Carl Rogers, oltre alla clinica individuale, ha avuto sempre un occhio di riguardo alla
Comunità, intesa non come un agglomerato di individui, bensì come
una forza di cambiamento che partisse dal basso e che vedesse nella
Persona, come agente di scelta libero e responsabile (Rogers, 1951),
il motore di uno sviluppo verso forme di autorealizzazione e di
accrescimento, promosso e facilitato da risorse interne alla stessa: autenticità,
empatia e congruenza (ibidem), senso di agency, di cooperazione e di
solidarietà sociale. Aspetto approfondito in modo magistrale nelle
sue opere. In tal senso, Carl Rogers (1967; 1970; 1977), grazie alla sua esperienza di
mediazione dei conflitti, anche in ambito internazionale e alla
facilitazione di gruppi di incontro, ha potuto esperire e trasmettere
quanto la formazione di una Comunità di Apprendimento,
caratterizzata da libera responsabilità decisionale, ascolto e
supporto reciproco, fosse il primo mattone per la costruzione di un
senso di appartenenza sociale e comunitaria, dove "l'uomo di
domani" (Rogers, 1977; 1980) sarebbe divenuto un individuo
rivoluzionario, in quanto, avrebbe posto come prioritario il senso di
benessere bio – psico – sociale, proprio e quello altrui e, non da ultimo, avrebbe creduto e lottato per l'autodeterminazione dell'individuo. Grazie
a questa considerazione della natura umana, in termini di connessioni
empatiche, cooperativistiche e sociali, Rogers fu definito da Gendlin e
Zucconi (1967; 2006b) suoi allievi e collaboratori, un "rivoluzionario
silenzioso". Non a caso, l'Autore soleva ripetere, che, nonostante
potesse provare una sorta di pessimismo dinanzi a una chiusura della
società, o, per lo meno, a una sua tendenza a controllare, manipolare
e etichettare tout court la Persona, allo stesso tempo sentiva un
profondo ottimismo quando guardava la gente e il suo operato (Rogers,
1980). In tal modo, Rogers aveva appreso quanto ogni Persona, presa
singolarmente, fosse, in modo profondamente reale, un'isola, la quale
poteva "gettare dei ponti" (Rogers, 1951) verso altre
isole (creare Comunità, quindi), solo nel momento in cui fosse stata sufficientemente
autentica, ovvero se stessa. Ma queste basi che Rogers ha gettato
anni fa, possono essere riscontrate nella nostra realtà? E in
aggiunta, quanto è attuale il pensiero di questo "Rivoluzionario
Silenzioso" (Gendlin, 1967; Zucconi, 2006b) ? Per rispondere a queste domande, non posso non
partire dalla mia di esperienza, da quello che ho potuto osservare
nel mio lavoro di Comunità. In tal senso, voglio farvi conoscere una
bellissima esperienza formativa, avvenuta nell'Ambito Territoriale
Sociale 6 di Fano, (uno dei miei luoghi di lavoro, creato dalla Legge
Regionale Marche 32/2014, per la gestione associata delle politiche
sociali, in un'ottica di promozione di empowerment psico – sociale
e di integrazione socio - sanitaria, ai sensi della Legge Quadro
328/2000), il 15 giugno 2018, dal titolo "Sentirsi Comunità" (www.ambitofano.it).
L'evento seminariale fu organizzato dal nostro Coordinatore, Dr.
Riccardo Borni, e dal Dr. Pier Paolo Inserra, Sociologo e co –
fondatore del Distretto Integrato di Economia Sociale Marche Nord. Il Seminario
ha voluto porre l'attenzione sull'importanza delle Comunità come
"Ponti di Riconoscimento Reciproco" (Devastato, 2018),
ovvero luoghi in cui le Persone, in un'ottica di responsabilità,
sono le fautrici di cambiamento e di promozione sociale
(ad es. Cohousing; attività di Networking tra cittadini, come "Il
Controllo di Vicinato", organizzato in Emilia Romagna; villaggi
Alzheimer; Fondazioni di Comunità...), dove la parola d'ordine è il Community Organizing,
ossia quel processo che consente la costruzione di connessioni di
organizzazione comunitaria, come gli esempi di cui sopra,
caratterizzate da cittadinanza attiva e da "responsabilità
pubbliche" (www.communityorganizing.it).
Inoltre, è di notizia
recente, sempre come esempio di Networking (inteso come incontro tra
generazioni e collante relazionale, Carubbi, 2009), la pubblicazione,
in occasione della Giornata dei Nonni di quest'anno, di un libro
(Nonno, mi racconti una fiaba?, edizioni Gruppo Feltrinelli)
contenente trenta favole, raccontate da nonni, ospiti di Case di
Accoglienza (gestite da Korian Italia), ai più piccoli
(www.corriere.it), dove "la
relazione, mediata e facilitata dalla Fiaba, permette alle persone
anziane di sentirsi protagoniste e proattive" (Carubbi, 2018, p.
29). Da questi esempi, si può ben comprendere quanto Rogers,
anche involontariamente, ci abbia lasciato un'importante eredità e,
soprattutto, esempi esperienziali replicabili, tangibili e funzionali
per il benessere psico – socio – comunitario,attraverso la messa in atto di una
rivoluzione pacifica, silenziosa, ma con un grande potere di
cambiamento. Ma tutto ciò dipende da noi.
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