Immagine dal web |
Carl Rogers, oltre alla clinica individuale, ha avuto sempre un occhio di riguardo alla
Comunità, intesa non come un agglomerato di individui, bensì come
una forza di cambiamento che partisse dal basso e che vedesse nella
Persona, come agente di scelta libero e responsabile (Rogers, 1951),
il motore di uno sviluppo verso forme di autorealizzazione e di
accrescimento, promosso e facilitato da risorse interne alla stessa: autenticità,
empatia e congruenza (ibidem), senso di agency, di cooperazione e di
solidarietà sociale. Aspetto approfondito in modo magistrale nelle
sue opere. In tal senso, Carl Rogers (1967; 1970; 1977), grazie alla sua esperienza di
mediazione dei conflitti, anche in ambito internazionale e alla
facilitazione di gruppi di incontro, ha potuto esperire e trasmettere
quanto la formazione di una Comunità di Apprendimento,
caratterizzata da libera responsabilità decisionale, ascolto e
supporto reciproco, fosse il primo mattone per la costruzione di un
senso di appartenenza sociale e comunitaria, dove "l'uomo di
domani" (Rogers, 1977; 1980) sarebbe divenuto un individuo
rivoluzionario, in quanto, avrebbe posto come prioritario il senso di
benessere bio – psico – sociale, proprio e quello altrui e, non da ultimo, avrebbe creduto e lottato per l'autodeterminazione dell'individuo. Grazie
a questa considerazione della natura umana, in termini di connessioni
empatiche, cooperativistiche e sociali, Rogers fu definito da Gendlin e
Zucconi (1967; 2006b) suoi allievi e collaboratori, un "rivoluzionario
silenzioso". Non a caso, l'Autore soleva ripetere, che, nonostante
potesse provare una sorta di pessimismo dinanzi a una chiusura della
società, o, per lo meno, a una sua tendenza a controllare, manipolare
e etichettare tout court la Persona, allo stesso tempo sentiva un
profondo ottimismo quando guardava la gente e il suo operato (Rogers,
1980). In tal modo, Rogers aveva appreso quanto ogni Persona, presa
singolarmente, fosse, in modo profondamente reale, un'isola, la quale
poteva "gettare dei ponti" (Rogers, 1951) verso altre
isole (creare Comunità, quindi), solo nel momento in cui fosse stata sufficientemente
autentica, ovvero se stessa. Ma queste basi che Rogers ha gettato
anni fa, possono essere riscontrate nella nostra realtà? E in
aggiunta, quanto è attuale il pensiero di questo "Rivoluzionario
Silenzioso" (Gendlin, 1967; Zucconi, 2006b) ? Per rispondere a queste domande, non posso non
partire dalla mia di esperienza, da quello che ho potuto osservare
nel mio lavoro di Comunità. In tal senso, voglio farvi conoscere una
bellissima esperienza formativa, avvenuta nell'Ambito Territoriale
Sociale 6 di Fano, (uno dei miei luoghi di lavoro, creato dalla Legge
Regionale Marche 32/2014, per la gestione associata delle politiche
sociali, in un'ottica di promozione di empowerment psico – sociale
e di integrazione socio - sanitaria, ai sensi della Legge Quadro
328/2000), il 15 giugno 2018, dal titolo "Sentirsi Comunità" (www.ambitofano.it).
L'evento seminariale fu organizzato dal nostro Coordinatore, Dr.
Riccardo Borni, e dal Dr. Pier Paolo Inserra, Sociologo e co –
fondatore del Distretto Integrato di Economia Sociale Marche Nord. Il Seminario
ha voluto porre l'attenzione sull'importanza delle Comunità come
"Ponti di Riconoscimento Reciproco" (Devastato, 2018),
ovvero luoghi in cui le Persone, in un'ottica di responsabilità,
sono le fautrici di cambiamento e di promozione sociale
(ad es. Cohousing; attività di Networking tra cittadini, come "Il
Controllo di Vicinato", organizzato in Emilia Romagna; villaggi
Alzheimer; Fondazioni di Comunità...), dove la parola d'ordine è il Community Organizing,
ossia quel processo che consente la costruzione di connessioni di
organizzazione comunitaria, come gli esempi di cui sopra,
caratterizzate da cittadinanza attiva e da "responsabilità
pubbliche" (www.communityorganizing.it).
Inoltre, è di notizia
recente, sempre come esempio di Networking (inteso come incontro tra
generazioni e collante relazionale, Carubbi, 2009), la pubblicazione,
in occasione della Giornata dei Nonni di quest'anno, di un libro
(Nonno, mi racconti una fiaba?, edizioni Gruppo Feltrinelli)
contenente trenta favole, raccontate da nonni, ospiti di Case di
Accoglienza (gestite da Korian Italia), ai più piccoli
(www.corriere.it), dove "la
relazione, mediata e facilitata dalla Fiaba, permette alle persone
anziane di sentirsi protagoniste e proattive" (Carubbi, 2018, p.
29). Da questi esempi, si può ben comprendere quanto Rogers,
anche involontariamente, ci abbia lasciato un'importante eredità e,
soprattutto, esempi esperienziali replicabili, tangibili e funzionali
per il benessere psico – socio – comunitario,attraverso la messa in atto di una
rivoluzione pacifica, silenziosa, ma con un grande potere di
cambiamento. Ma tutto ciò dipende da noi.
Nessun commento:
Posta un commento