Il 18 aprile è uscito "PsicoFiaba. L'uso della Fiaba in ambito clinico e di comunità", edito da Alpes Italia, Roma.
N.B. Una
piccola ma indispensabile precisazione: quando parlo di racconto magico
o Fiaba magica, mi riferisco alla definizione che offre Propp (1928;
1946) - per essere precisi, il titolo originale della seconda opera di
Propp è "Le radici storiche dei racconti di Fate" - per distinguere il
racconto fiabesco, come prodotto del folclore, sui generis (ibidem), di
carattere fantastico, erede del Rito e del
Mito. La Fiaba, infatti, è fantastica o magica per il fatto che, pur
riprendendo temi socioculturali di una data epoca storica, non
rappresenta la loro descrizione concreta e fedele (ibidem, cit. in
Carubbi, 2019), ma consta di ricostruzioni simboliche che tentano di
dare un senso a ciò che, in epoche arcaiche, veniva percepito
inconoscibile e profondamente pauroso (Carubbi, 2019). In altri termini:
se è vero che la fiaba è un racconto magico, è altrettanto certo che in
Psicologia e in psicoterapia non la si utilizza assolutamente in termini
di magia, divinazione, cartomanzia e similari. Da qui, mi dissocio
completamente da ogni tentativo di riportare l'uso di questo prezioso
dispositivo ad un suo uso meramente esoterico. E la psicologia e la
psicoterapia non hanno nulla a che vedere con la chiaroveggenza. Mi
sembra di sottolineare l'ovvio, ma, allo stesso tempo, lo sento doveroso
e necessario.
Francesca Carubbi
Psicologa e psicoterapeuta rogersiana
www.psicologafano.com
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