Ed è sempre l'adulto a metterci lo zampino: che sia un papà in carestia o una strega che se lo vuol mangiare, il bimbo deve difendersi dalle grinfie di un'adultità cinica ed egoista.
Se volessimo offrire un'interpretazione psicologica, potremmo osservare come il bambino altri non è che quella parte di noi, come ci suggerisce Alba Marcoli (2018), persa nella foresta fitta della nostra psiche.
Non solo in termini di innocenza perduta, di rito di passaggio da un'età ad un'altra, bensì come smarrimento della nostra Saggezza Organismica (Rogers, 1951), ossia della nostra capacità di sentire la verità interiore insita dentro di noi. Per dirla con altre parole, il nostro Locus of evaluation interno (ibdem), così efficiente nel bambino ancora non condizionato dall'impronta educativa del suo entourage familiare.
Ma come si perde questa Saggezza? Rogers ci spiega magistralmente come il bimbo, per non perdere l'affetto genitoriale, inizi, pian piano, a identificarsi con valori, costrutti, emozioni provenienti dall'esterno: da quell'ambiente che tende a suggerirgli cosa deve sentire, pensare e provare.
Come in ogni fiaba che si rispetti, il bambino, allora, non può che smarrirsi in quella foresta fatta di adulti che mirano ad educarlo senza rispettare il suo sentire viscerale. Succede, quindi, che il bimbo non si fidi più di ciò che gli suggerisce il suo organismo, inziando, da qui, a fare propri tutti quei dettami familiari che lo indirezzeranno nelle scelte future.
È ciò che succede ad Hansel e Gretel che, fidandosi ciecamente della voce familiare e non più di se stessi, rischiano di cadere nel pentolone della strega.
Così succede a Pierino Pierone, protagonista de "Il bambino nel Sacco", che rischia di essere divorato dalla Strega Bistrega.
Fiabe, queste, che, da un punto di vista metaforico, simboleggiano il pericolo di un'infanzia smarrita, ossia quella di vagare senza saggezza interiore tra i rischi dell'esistenza.
Francesca Carubbi
www.psicologafano.com
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