Prendo spunto dal capitolo, contenuto in On Becoming a Person (1961), dal titolo "Le caratteristiche di una relazione di aiuto", dove Rogers descrive i propri apprendimenti circa la qualità degli atteggiamenti, all'interno delle relazioni umane. In questo scritto, troviamo un Rogers che si interroga, in modo autentico, rispetto a cosa significhi facilitare nella Persona la sua Tendenza Attualizzante (1951; 1980), ossia la sua direzione esistenziale, aperta all'esperienza. Ma non ad un'esperienza riferita ad una realtà oggettivamente univoca, dai significati identici per tutti (1980), ma caratterizzata da una sua costruzione unica ed irripetibile, profondamente soggettiva: "Posso dargli la libertà di esistere?" Oppure sento che dovrebbe seguire i miei consigli, rimanere in qualche modo dipendente da me, modellarsi su di me?" (Rogers, 1961, trad. It. pag., 82). Questa, credo che sia una domanda molto importante da porsi come genitori ed educatori. Fermo restando che la dipendenza sia essenziale ed indispensabile, affinché il cucciolo d'uomo non solo sopravviva ma venga investito d'amore, in questo capitolo Rogers descrive, al contrario, quella dipendenza intesa come pericolo di modellamento e manipolazione dell'Altro, secondo propri desideri e bisogni: la dipendenza, qui, è un fine (quello di rendere il bambino accondiscendente e responsivo ai miei bisogni esistenziali e di riconoscimento, con un grave danno alla sua capacità di scelta, libera e responsabile) e non più uno strumento di accompagnamento, di "holding" (Winnicott, 1960) per la sua preziosa acquisizione di autonomia. In tal senso, come genitori viene abbastanza naturale pensare che il nostro compito educativo sia trasmettere quei valori, costrutti e sentimenti che pensiamo essere giusti per i nostri figli. "Vorrei che lui o lei potesse avere quelle occasioni che io non ho avuto!", oppure, "Vorrei che mio figlio/a facesse questo o quello...". Quante volte abbiamo sentito o detto queste frasi, pensando, tout - court, che fossero equivalenti e sovrapponibili a quelli dei nostri figli. Ecco, l'errore che si compie spesso è pensare di dover plasmare i nostri ragazzi secondo criteri che sono nostri e che non nascono dalla loro saggezza interna. E sappiamo bene da dove derivi tutto ciò e quale sia, poi, il risultato: il bambino, per non perdere l'accettazione dei genitori, tende progressivamente a distorcere la sua esperienza viscerale (la propria Valutazione Organismica degli Eventi o il suo Locus of Evalutation Interno), intercettando e negando ciò che per lui è saggio e degno di scelta responsabile e libera, e facendo proprie le scelte altrui. Da qui, il suo Sé (Rogers, 1951) perde di spontaneità, irrigidendosi in modalità difensive e soprattutto collidenti con il volere genitoriale. Ma l'aspetto più importante sta nel fatto che questa "Struttura del Sé" (Rogers, 1951) che si va formandosi, servirà al bambino per mantenere un certo grado di coerenza interna, al fine di non percepire la discrepanza tra ciò che sente realmente (Saggezza Organismica - Vero Sé), che è negato e distorto, e tutto ciò che ha introiettato dagli altri significativi, ma che crede di sentire ed esperire come se fossero costruzioni proprie della realtà (Struttura del Sé). Per fare un esempio concreto, Rogers (1961) scrive di quello studente che ha paura di sostenere gli esami universitari, che si svolgono al terzo piano di un edificio universitario. Grazie ad un percorso di consulenza, scopre che la difficoltà a passare i test non deriva dalla sua paura/fobia di salire le scale ("giustificazione" che lo studente si è dato per conservare il suo grado di coerenza interna o immagine di sé, distorcendo, in tal senso, il significato viscerale dell'esperienza in termini, appunto, di fobia verso le scale), bensì dalla paura verso l'università; paura, d'altro canto, che non può ammettere a se stesso, in quanto in forte contrasto con il tentativo di preservare un'immagine di sé adeguata. Da qui, il sintomo ansioso diviene spia e significato di una paura molto più profonda e viscerale e, soprattutto, di un significato vero per il soggetto, o meglio per il suo organismo: forse questo studente ha imparato, per non perdere la stima genitoriale, ad amare qualcosa che per lui, tuttavia, non è profondamente confacente ai propri desideri. Quindi, come educatori è importante chiedersi, in modo sufficientemente autentico o congruente, quanto, attraverso ciò che diciamo e facciamo, l'Altro rischi di modellarsi a noi, perdendo, da qui, la propria bussola interiore.
© Francesca Carubbi