giovedì 25 ottobre 2018

emozioni, incubi e infanzia: una proposta di lettura rogersiana

Noi rogersiani sappiamo sin troppo bene quanto il bambino, per ciò che concerne il Nostro Approccio, sia l'emblema di ciò che Rogers (1951) definisce "saggezza organismica" (cit. in Carubbi, 2018). Se l'infante, in altre parole, può godere di un ambiente familiare e sociale profondamente accettante ed empatico e, allo stesso tempo, congruentemente limitante e quindi regolatore e autorevole, costui potrà autodirezionarsi, accrescersi e svilupparsi (Rogers, 1951;1980) verso forme esistenziali soddisfacenti, uniche ed irripetibili. Ciò può avvenire solo nel momento in cui il bimbo può simbolizzare correttamente, senza distorcere e negare (Rogers, 1951), la propria esperienza cognitiva e, soprattutto, emotiva: un bambino autentico, da qui, è quello che può sia entrare in contatto, senza timore di giudizio e senza di reificazione o alienazione, con i propri vissuti emotivi, nonché poterli nominare ed esprimere in modo congruente, perché sa che potrà contare sull'ascolto e contenimento di una"base sicura" (Bowlby, 1990), quale quella genitoriale.
Di conseguenza, il "vero sé" del bambino, poiché accettato incondizionatamente, potrà esprimersi senza minacce: il bambino non dovrà assumere una maschera di circostanza (Rogers, 1951) e reprimere determinati vissuti piuttosto che altri. Ma cosa potrebbe succedere se i genitori dovessero, anche non volendo - siamo esseri fallibili ed erranti, non dimentichiamocelo! - mostrare una non profonda accettazione delle emozioni del bambino, soprattutto quelle più difficili da gestire o da nominare in primis da costoro, come paura, rabbia, vergogna...? Be', il bambino inizierà a non avere più fiducia nella sua costruzione della realtà (Rogers, 1980), a distorcere e controllare ciò che prova per non turbare il genitore o per non avere un rimprovero: è come se si dicesse "se mostrassi ciò che sento, mamma e papà potrebbero spaventarsi o potrebbero sgridarmi. Così sarei cattivo e non mi amerebbero più...". Allora, tutte queste emozioni limitate, dominate seppur con fatica, soffocate non solo andranno  ad alimentare una Struttura del Sé (Rogers, 1951), rigida e inflessibile, ma verranno spostate in un angolo della propria coscienza, il più lontano e, apparentemente, inaccessibile. Ma siamo a conoscenza che al calare delle difese del Falso Sé, come ad esempio attraverso il sogno, quale via  regia dell'inconscio (Freud, 1899), tutto questo materiale emotivo trattenuto può riemergere in tutta la sua potenza attraverso l'incubo; ecco che la mente del bambino si popola all'improvviso di draghi, mostri, fuoco e così via...
Come intervenire quando vediamo che il nostro bimbo diventa profondamente turbato da ciò che sogna? Innanzitutto mostriamo empatia e accettazione: ciò farà sentire il bambino meno estraneo a se stesso e darà legittimità a ciò che prova. Tuttavia "non forziamo la mano": l'ascolto sarà attivo, ma non invadente; mostrate affetto e serenità: se doveste essere per primi scossi da ciò che sta succedendo, fermatevi e chiedetevi il perché, al fine di scongiurare proiezioni delle vostre paure su vostro figlio. Come al solito, poiché sono una favolista, se lo ritenete efficace e funzionale, aiutatevi con gli strumenti e linguaggio che più confanno al bambino: disegni, gioco e fiabe; abbiate fiducia nelle sue capacità creative e di sublimazione. Infine, se ritenete che vostro figlio stia vivendo un periodo profondamente conflittuale o doloroso che necessita di un professionista, non fatevi remore: non c'è nulla di male a chiedere aiuto. Abbiamo fiducia.

giovedì 4 ottobre 2018

Empowerment, cittadinanza attiva e connessioni di comunità

Immagine dal web



Carl Rogers, oltre alla clinica individuale, ha avuto sempre un occhio di riguardo alla Comunità, intesa non come un agglomerato di individui, bensì come una forza di cambiamento che partisse dal basso e che vedesse nella Persona, come agente di scelta libero e responsabile (Rogers, 1951), il motore di uno sviluppo verso forme di autorealizzazione e di accrescimento, promosso e facilitato da risorse interne alla stessa: autenticità, empatia e congruenza (ibidem), senso di agency, di cooperazione e di solidarietà sociale. Aspetto approfondito in modo magistrale nelle sue opere. In tal senso, Carl Rogers (1967; 1970; 1977), grazie alla sua esperienza di mediazione dei conflitti, anche in ambito internazionale e alla facilitazione di gruppi di incontro, ha potuto esperire e trasmettere quanto la formazione di una Comunità di Apprendimento, caratterizzata da libera responsabilità decisionale, ascolto e supporto reciproco, fosse il primo mattone per la costruzione di un senso di appartenenza sociale e comunitaria, dove "l'uomo di domani" (Rogers, 1977; 1980) sarebbe divenuto un individuo rivoluzionario, in quanto, avrebbe posto come prioritario il senso di benessere bio – psico – sociale, proprio e quello altrui e, non da ultimo, avrebbe creduto e lottato per l'autodeterminazione dell'individuo. Grazie a questa considerazione della natura umana, in termini di connessioni empatiche, cooperativistiche e sociali, Rogers fu definito da Gendlin e Zucconi (1967; 2006b) suoi allievi e collaboratori, un "rivoluzionario silenzioso". Non a caso, l'Autore soleva ripetere, che, nonostante potesse provare una sorta di pessimismo dinanzi a una chiusura della società, o, per lo meno, a una sua tendenza a controllare, manipolare e etichettare tout court la Persona, allo stesso tempo sentiva un profondo ottimismo quando guardava la gente e il suo operato (Rogers, 1980). In tal modo, Rogers aveva appreso quanto ogni Persona, presa singolarmente, fosse, in modo profondamente reale, un'isola, la quale poteva "gettare dei ponti" (Rogers, 1951) verso altre isole (creare Comunità, quindi), solo nel momento in cui fosse stata sufficientemente autentica, ovvero se stessa. Ma queste basi che Rogers ha gettato anni fa, possono essere riscontrate nella nostra realtà? E in aggiunta, quanto è attuale il pensiero di questo "Rivoluzionario Silenzioso" (Gendlin, 1967; Zucconi, 2006b) ? Per rispondere a queste domande, non posso non partire dalla mia di esperienza, da quello che ho potuto osservare nel mio lavoro di Comunità. In tal senso, voglio farvi conoscere una bellissima esperienza formativa, avvenuta nell'Ambito Territoriale Sociale 6 di Fano, (uno dei miei luoghi di lavoro, creato dalla Legge Regionale Marche 32/2014, per la gestione associata delle politiche sociali, in un'ottica di promozione di empowerment psico – sociale e di integrazione socio - sanitaria, ai sensi della Legge Quadro 328/2000), il 15 giugno 2018, dal titolo "Sentirsi Comunità" (www.ambitofano.it). L'evento seminariale fu organizzato dal nostro Coordinatore, Dr. Riccardo Borni, e dal Dr. Pier Paolo Inserra, Sociologo e co – fondatore del Distretto Integrato di Economia Sociale Marche Nord. Il Seminario ha voluto porre l'attenzione sull'importanza delle Comunità come "Ponti di Riconoscimento Reciproco" (Devastato, 2018), ovvero luoghi in cui le Persone, in un'ottica di responsabilità, sono le fautrici di cambiamento e di promozione sociale (ad es. Cohousing; attività di Networking tra cittadini, come "Il Controllo di Vicinato", organizzato in Emilia Romagna; villaggi Alzheimer; Fondazioni di Comunità...), dove la parola d'ordine è il Community Organizing, ossia quel processo che consente la costruzione di connessioni di organizzazione comunitaria, come gli esempi di cui sopra, caratterizzate da cittadinanza attiva e da "responsabilità pubbliche" (www.communityorganizing.it).
Inoltre, è di notizia recente, sempre come esempio di Networking (inteso come incontro tra generazioni e collante relazionale, Carubbi, 2009), la pubblicazione, in occasione della Giornata dei Nonni di quest'anno, di un libro (Nonno, mi racconti una fiaba?, edizioni Gruppo Feltrinelli) contenente trenta favole, raccontate da nonni, ospiti di Case di Accoglienza (gestite da Korian Italia), ai più piccoli (www.corriere.it), dove "la relazione, mediata e facilitata dalla Fiaba, permette alle persone anziane di sentirsi protagoniste e proattive" (Carubbi, 2018, p. 29). Da questi esempi, si può ben comprendere quanto Rogers, anche involontariamente, ci abbia lasciato un'importante eredità e, soprattutto, esempi esperienziali replicabili, tangibili e funzionali per il benessere psico – socio – comunitario,attraverso la messa in atto di una rivoluzione pacifica, silenziosa, ma con un grande potere di cambiamento. Ma tutto ciò dipende da noi.

venerdì 8 giugno 2018

Uscita libro "Paco, le nuvole borbottone e altri racconti"

 Ci siamo! Dal 7 giugno il mio libro è acquistabile online e in libreria. Il libro è dedicato a chi, occupandosi di educazione, vuole utilizzare la Fiaba come strumento per supportare lo sviluppo emotivo del bambino.
Adatto per i genitori.
Per visionare la scheda: http://www.alpesitalia.it/scheda.cfm…

mercoledì 16 maggio 2018

Presentazione libro "Paco, le nuvole borbottone e altri racconti" - lunedì 11 giungo, ore 20, Fano

In occasione dell'uscita del libro "Paco, le nuvole borbottone e altri racconti", verrà dedicata una serata di presentazione lunedì 11 giugno, ore 20, presso lo studio di Psicologia e Psicoterapia "Daimon" - Via B. Croce 1/a, Fano (PU).
Entrata libera
Evento adatto anche ai bambini.
Per info: 3384810340; info@psicologafano.com;
www.psicologafano.com (modulo "contatti")

martedì 15 maggio 2018

Libro "Paco, le nuvole borbottone e altri racconti" - dal 7 giugno in distribuzione

Dal 7 giugno sarà possibile acquistare il mio libro "Paco, le nuvole borbottone e altri racconti. L'uso della Fiaba nell'infanzia per un'educazione centrata sul bambino". Per visionare la scheda dell'opera:  http://www.alpesitalia.it/scheda.cfm?id=207588
Il libro sarà disponibile anche su Amazon, IBS e in libreria (anche su ordinazione)


venerdì 30 marzo 2018

Incontro "Fiabe ed Infanzia", venerdì 6 aprile ore 18:30. Modalità di iscrizione

Venerdì 6 aprile 2018, dalle 18:30 alle 20, presso Studio Daimon, via B. Croce 1/a, Fano, si terrà l'incontro aperto e gratuito "Fiabe ed Infanzia: il racconto come strumento educativo". L'incontro è adatto anche ai bambini.
Modalità di iscrizione:
- telefonando al 3384810340;
- inviando una mail a info@psicologafano.com, con oggetto "ISCRIZIONE FIABE ED INFANZIA"
- Compilando la scheda in allegato.
NOTA IMPORTANTE:
Chi volesse partecipare con i propri figli, non deve compilare una scheda a parte, ma solo comunicarlo al momento dell'iscrizione.
Dato lo spazio disponibile, lo Studio può contenere un massimo di 12 persone, compresi i bambini.
(nel caso in cui pervenissero più iscrizioni, si organizzerà un secondo appuntamento)



venerdì 23 febbraio 2018

Incontro aperto: "Fiabe ed Infanzia. Il Racconto come strumento educativo"

L'incontro, aperto, vuole mostrare l'importanza dell'uso della Fiaba nel campo educativo, come valido strumento di facilitazione dello sviluppo, nel bambino, delle sue componenti cognitive, resilienti ed affettivo - relazionali (accettazione, empatia e autenticità).
Si accede all'incontro previa iscrizione (massimo 10 partecipanti)
Per info e iscrizioni:
Dott.ssa Francesca Carubbi
338/4810340
info@psicologafano.com


L'evento su Facebook
Fiabe ed Infanzia su Facebook


© Francesca Carubbi
Dott.ssa Francesca Carubbi
psicologa - psicoterapeuta
www.psicologafano.com

lunedì 19 febbraio 2018

I diritti psicologici dei bambini

Il bambino (Rogers, 1951), se può godere di un clima facilitante al suo sviluppo, è capace di legittimarsi la propria esperienza, in termini, soggettivi, unici ed irripetibili.
Come ci ha insegnato Rogers (1951), infatti, il bambino sa discernere, per ciò che concerne la libertà esperienziale, ciò che è piacevole, sano e giusto per il suo sviluppo, da ciò che non lo è, grazie alla sua capacità di simbolizzazione corretta e non alienante dei propri bisogni (ivi). Un ambiente, quindi, che sa rispettare l' esperienza totale del bambino, comprese le sue tappe di sviluppo, è un ambiente capace di promuovere e facilitare, in questi, maggiore autenticità nell'ascolto del proprio organismo, offrendo, allo stesso tempo, anche sani ed autorevoli limiti a quei comportamenti che non facilitano la congruenza, ma che diventano, al contrario, ostacoli all'autoregolazione. Il bambino, infatti, per sviluppare il rispetto di sé e degli altri, necessita di apprendere dall'esperienza che l'ambiente in cui vive non offre solo aspetti di soddisfazione, ma anche di frustrazione. Che non esistono solo belle emozioni, ma anche quelle che ci fanno sentire arrabbiati, tristi ed addolorati. Ma che, come le altre, anche queste hanno dignità di esistere. E che non tutto è permesso. In tal senso se al bambino non si offre il diritto di discernere ed apprendere anche dagli ostacoli inevitabili che l'esperienza offre, difficilmente potrà acquisire e sviluppare una propria bussola interna di scelta libera e responsabile. Da qui, Rogers (1980), fedele alla filosofia e pedagogia di Dewey, ha sempre pensato che "i fatti sono amici" e fedeli compagni di una maturazione responsabile di sé. Ma i fatti a cui si riferisce Rogers sono rappresentati anche dallo stile educativo - relazionale che poniamo noi adulti. Da qui, i bambini hanno il pieno diritto di vivere e sperimentare un ambiente che non li confonda, che li possa accompagnare, senza sostituirsi ad essi, anticipando loro bisogni, che sappia rispettare i loro confini psico - emotivi e corporei e che non ceda alla tentazione di pensare il bambino come un piccolo adulto o come un narcisistico prolungamento di sé (il caso, ad esempio, dell'inversione dei ruoli). In tal senso, il bambino ha il diritto di:
1. Poter ascoltare ed esprimere, in modo libero e responsabile, la propria esperienza interiore: concretamente il bambino ha il diritto di esprimere in modo autentico le proprie emozioni e le proprie idee senza il pericolo di reificazione e di delegittimazione da parte dell'adulto;
2. Poter godere di un ambiente facilitante al suo sviluppo, quindi un ambiente autorevole: il bambino ha il diritto di essere accettato ed ascoltato, evitando forme di comunicazione che deridono e sminuiscono il suo sentire. Il bambino ha anche il diritto che al suo fianco ci sia un genitore sufficientemente autentico, ossia in contatto con la propria esperienza organismica; che non finga, in altri termini, di provare certe emozioni  anche quelle considerate più scomode e che possa esprimerle, senza proiettarle sul bambino. Il bambino ha anche il diritto di avere dei limiti al suo comportamento, quando necessario;
3. Poter sentirsi protetto ed al sicuro: il bambino ha il diritto di vivere in un ambiente non confuso, imprevedibile, traumatico e ad alta e costante conflittualità;
4. Poter fare errori, e non sentirsi, per questo, indegno e sbagliato;
5. Poter sentirsi bambino e non il sostituto di un ruolo adulto vacante (ciò che Alice Miller - 1979 - definisce l'antenna sensibile" della famiglia, ossia la spugna assorbente dei drammi familiari) o servire a soddisfare i bisogni narcisistici del genitore;
6. Poter sentire i propri confini identitari intatti e rispettati: il bambino deve apprendere e sentire che ci sono confini e spazi definiti, che ha un ruolo chiaro e non confuso all'interno della famiglia. Ma affinché avvenga questo, i genitori, per primi, devono comunicare ed incarnare in modo chiaro il loro ruolo, non solo come genitori ma anche come coppia ed, in caso di conflitti o separazioni, non devono coinvolgere emotivamente il bambino in inutili e dannose sofferenze e diatribe, che non gli competono (ad esempio, chiedendo al bambino chi preferisce dei due, o ricattandolo emotivamente);
7. Poter direzionare le proprie scelte di vita verso forme proprie di Autorealizzazione: deve sentirsi supportato nella propria Tendenza Attualizzante ed attitudini personali.
8. Poter sentirsi un bambino e vivere come tale. Punto.

© Francesca Carubbi
Dott.ssa Francesca Carubbi
psicologa - psicoterapeuta
www.psicologafano.com