domenica 18 luglio 2021

Narrazioni resilienti: fiaba ed empowerment di comunità

Come ci ricorda Donata Francescato (a cura di, 1983), il termine Psicologia di Comunità apparve per la prima volta negli U.S.A nel 1965, all'interno di un periodo storico contraddistinto da cambiamenti sociali epocali - lotte per i diritti civili, per le uguaglianze - sulla scia dell’esigenza di modificare un sistema socio - sanitario per cui l’Uomo potesse divenire il Centro di ogni percorso di prevenzione, cura e riabilitazione. 

La Psicologia di Comunità, in altre parole, nasce nel momento in cui si riconosce l’impossibilità di ridurre il funzionamento - sano e non - della persona al solo fattore individuale, concentrandosi, da qui, sulle interrelazioni sistemiche tra questi e, appunto, la comunità in cui è inserito: la comunità diviene, allora, sia fattore di rischio che protettivo - in termini di empowerment e benessere - di ciò che chiamiamo Promozione della Salute (Zucconi, Howell, 2003), soprattutto per quelle fasce di popolazione più vulnerabili e, quindi, più fragili perché a rischio di esclusione partecipativa di Comunità (immigrati, gruppi sociali con povertà educativa, famiglie a rischio di povertà…).

 Come ci ha insegnato il Coronavirus, infatti, uno dei maggiori fattori di rischio o iatrogeno per l'affermarsi della psicopatologia è l’isolamento e, da qui, la mancanza di relazioni. Isolamento che, se da un lato, è stata l'unica arma per contrastare il contagio, dall'altro ha prodotto nel soggetto la nascita di una destabilizzante precarietà e di un profondo senso di solitudine. 

Fattori, questi, che hanno portato ad una maggiore incidenza sintomatologica (episodi ansiosi, depressivi, maggior abuso di sostanze…) La Comunità, in tal senso, si è trovata spesso, nei secoli, ad affrontare traumi importanti, causati dal dover affrontare realtà difficili e ricche di incognite. 

Epoche “buie” in cui l’Essere Umano, inevitabilmente, ha percepito un minor senso di autoefficacia e minor empowerment personale.

Da qui, la Storia Popolare e Folkloristica ci insegna come, durante suddette epoche, il Sociale divenisse una tale fonte di sicurezza e appartenenza (Maslow, 1962), da riuscire a promuovere connessioni e legami stabili e duraturi. Reti informali che hanno avuto il potere di aggregare gli individui all'interno di un tessuto affettivo che potesse stemperare la paura dell’arcano e dell'inconoscibile. 

In tal senso, come ci ricorda Rossi, in prefazione de “Fiabe Marchigiane” (cit. in Carubbi, 2019), la Fiabe nascono come possibilità di dare un senso all'angoscia derivata da una natura percepita come ostile e che trasse ispirazione da fatti realmente accaduti ma trasformati in un prodotto culturale “sui generis” (Propp, 1926; 1948) di carattere fantastico, surreale e dal potere profondamente evocativo e simbolico. 

In altri termini, il Folklore orale era un modo per tenere viva e resiliente una Comunità. Per questi motivi, la Fiaba è strumento di facilitazione di una resilienza comunitaria attraverso la narrazione e la bellezza delle parole. 

Le Fiabe, in tal senso, possono essere considerate trame narrative esistenziali, grazie alle quali possiamo dare una prima risposta ai tanti “perché” che ci circondano, rendendo il reale meno minaccioso e più comprensibile. 

Inoltre, in un’ottica transgnerazionale, non dobbiamo dimenticare che le Fiabe si confanno particolarmente alla mente del bambino, in quanto rispondono ai suo bisogno di concretezza, di una costruzione della realtà antinomica o in “bianco e nero” e alla sua fonte inesauribile di pensiero magico: con i racconti, il bimbo può dare una prima spiegazione “scientifica” ai fenomeni attraverso un linguaggio semplice, chiaro e privo di ambiguità e dove i personaggi, ben definiti, possono ben rappresentare, grazie all’empatia (Carubbi, 2018; 2019), il suo alter ego con potersi identificare. 

Riassumendo, la Fiaba in ambito di Comunità “[...] si inserisce, nel percorso progettuale, come strumento di: abbattimento dei pregiudizi e degli stereotipi sociali; facilitazione delle competenze sociali, relazionali ed emotive; prevenzione dei comportamenti a rischio (Carubbi, 2018)” (Carubbi, 2019).

Francesca Carubbi
Psicoterapeuta e Autrice
Fano (PU)

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