domenica 24 gennaio 2021

Il Sé allo specchio: Biancaneve, la mela e il risveglio del vero sè




Quando decisi di approcciarmi allo studio ed applicazione dell'uso delle fiabe in un'ottica Centrata sulla Persona, ero consapevole di arrischiarmi in un territorio arduo, difficile. Forse, inesplorato. O, perlomeno, non a sufficienza.

Ma, all'epoca, mi aveva attratto la sperimentazione rischiosa di un possibile connubio tra la teoria rogersiana della personalità (Rogers, 1951) e il simbolismo, tipico della fiaba, nel facilitare una corretta simbolizzazione di nostre parti subcepite, distorte e negate alla coscienza (ibidem).

Come a dire: mi accorsi, con felice stupore, quanto gli stessi personaggi che popolano i racconti fantastici fossero efficaci epifenomeni, tracce proiettive di tutti quegli aspetti di noi che, illudendosi di potersi nascondere imperituri tra le pieghe della nostra psiche, proprio grazie al potere evocativo della fiaba possono, al contrario, emergere nella loro verità unica, soggettiva e irripetibile.

Da qui, il seguente scritto, che mi accingo a redigere, nasce da una riflessione post seduta, nata grazie alla narrazione di una mia cliente che ha permesso una proficua produzione del mio inconscio.

Nello specifico, mi è sovvenuta alla mente una delle fiabe più conosciute al Mondo, ossia quella di Biancaneve.

La versione dei Grimm (1815 - 16) appare molto interessante, poiché, prima dell'avvento della mela avvelenata, Biancaneve cade in diversi tranelli: il laccio stretto, il pettinino avvelenato…

Insomma, Biancaneve, prima di addentare la mela avvelenata, ha avuto diverse occasioni per ribellarsi e utilizzare il proprio Potere Personale (Rogers, 1970). Ma non l'ha fatto. Perché?

Da un punto di vista rogersiano, infatti, potremmo ipotizzare come Biancaneve, nella sua troppa accondiscendenza, possa ben rappresentare la spia di una profonda oggettivazione del Sé: Biancaneve, in altri termini, a causa di una mancata percezione della propria frattura interiore o incongruenza (Rogers, 1951; 1963), non può essere consapevole delle proprie umane ambivalenze; del fluire della propria esperienza; dei suoi significati affettivi e cognitivi.

Bloccata in una visione rigida e inflessibile della propria realtà, ripetutamente mortifera, priva di fiducia nel proprio Locus of evaluation interno (Rogers, 1951), Biancaneve non si rende conto che la Matrigna altri non è che l'altra faccia dello Specchio: quel Sé, vero, autentico, ricco di umani contrasti, profondamente soggettivo e cangiante; come cangiante e mutevole risulta essere la stessa esperienza nei suoi aspetti reali. Un Sé (rappresentato dalla Matrigna), in altri termini, che, proprio per il suo carattere umanamente contraddittorio, contraddistinto anche da aspetti non sempre amabili, accettabili per ciò che sono, ama travestirsi, camuffarsi, non divenendo immediatamente simbolizzabile all'interno di un dialogo e interrogazioni interiori, nonostante i tentativi della Saggezza Organismica (Rogers, 1951), ben simbolizzato dai Sette Nani, di farlo emergere nella sua vera Unicità:"si tinse il viso, si travestì da vecchia merciaia e così irriconoscibile passò le sette montagne che la separavano dai sette nani".

Biancaneve, proprio per il fatto che distorce e nega all'esperienza la sua controparte straniera (la sua controparte aliena ed estranea che cerca in tutti i modi di emergere), non riesce a divenire saggiamente responsabile della propria Vita. Solo nel momento in cui la Morte simbolica (il boccone di mela avvelenata) colpirà il suo Organismo, Biancaneve potrà finalmente simbolizzare correttamente il conflitto interiore.

Biancaneve per tornare nel pieno flusso dell'esperire, dovrà simbolizzare correttamente (Rogers, 1951) la frattura tra parti, all'apparenza, inconciliabili, ma il cui connubio è vitale per la sua sopra - vivenza. Vitale e non più mortifero, perché le farà apprendere come solo attraverso l'unione degli opposti, la sua Tendenza Attualizzante (Rogers,1980) potrà, paradossalmente, prendere avvio.  


Francesca Carubbi

www.psicologafano.com

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