sabato 27 marzo 2021

Rosaspina: il roveto che imprigiona come metafora della paura del cambiamento

 Un giorno, una mia cliente mi disse “Dottoressa, è come se mi sentissi bloccata, non riesco ad andare

Arthur Rackham

oltre”.

Oltre, dove? Un oltre teso verso l'Altro. Un oltre paralizzato nell'angoscia dell'arcano che si ha paura di vedere. Una paura ancestrale di penetrare nel Bosco e, soprattutto, di rimanere bloccati tra le insidie che contiene.

Come gli innumerevoli principi che hanno tentato di liberare Rosaspina - la Bella Addormentata (F.lli Grimm, 1812 - 15)  - in un periodo lungo cent'anni, ma senza successo: imprigionati dal muro di rovi eretto come difesa.

La stessa difesa che ha creato la mente creativa della mia cliente, allorché le proposi l'invenzione di una fiaba personale.

Una fiaba dove il suo alter ego - un cavaliere dall'armatura e lancia scintillanti - si addentra, sta, appunto, per addentrarsi in una fitta foresta.

Un bosco in cui, però, non è riuscito ad entrare. Ed è proprio in questo frangente che mi è sovvenuta la fiaba della Bella Addormentata (una fiaba, tra l'altro, a lei particolarmente confacente), concentrandomi non tanto sulla protagonista, bensì sulla figura del principe di cui sopra: cavalieri che hanno cercato, invano, di sradicare quelle piante mortifere; cavalieri che hanno cercato, senza successo, di svelare un arcano inconoscibile e celato….

Fino a quando, un impavido giovane, allo scoccare del centesimo anno, “quando si avvicinò al roveto trovò solo tanti bellissimi fiori che si districavano spontaneamente, lo lasciavano passare senza alcun male e ricomponevano la siepe dopo il suo passaggio” (F.lli Grimm, trad. It., p. 64).

Da qui, la fiaba di Rosaspina, da un punto di vista rogersiano, ci fa apprendere quanto ogni processo di cambiamento, in termini di congruenza (Rogers,1957; 1961; 1963), presupponga non solo l'entrata in territori inesplorati, bensì il rispetto dei propri tempi, dei propri ritmi soggettivi unici e irripetibili. 

E il potere evocativo della fiaba di Rosaspina sta proprio nel fatto che l'eroe, per superare brillantemente gli ostacoli che incontra nel proprio cammino (Propp, 1926), deve necessariamente armarsi di coraggio, tenacia e perseveranza. In altri termini, del proprio Potere Personale (Rogers, 1977). Proprio come succede al cliente in terapia: nonostante la paura, sa che può arrischiarsi, con fiducia, nel proprio bosco personale. Ma ciò può avvenire solo nel momento in cui il nostro eroe/cliente accetti di utilizzare in modo propizio il proprio tempo, speso alla ricerca di sé.

Un tempo dedicato alla progressiva integrazione congruente (Rogers, 1957) delle proprie ombre, delle proprie ambivalenze, attraverso un proficuo e ricco dialogo interiore, spesso difficile, tormentato, indigesto, ma necessario affinché si possano riconoscere sempre più quei blocchi personali che si percepiscono ogniqualvolta ci si trovi dinanzi a tutte quei “roveti” insidiosi, che bloccano il processo di cambiamento, non ancora correttamente simbolizzati (Rogers, 1951).


Francesca Carubbi

Psicologa - psicoterapeuta

Autore e co-direttore di collana

www.psicologafano.com

www.alpesitalia.it

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