sabato 3 aprile 2021

Cassandra, il "Fidanzato Masnadiero" e le verità negate

Arthur Rackham
Capita, nella Vita, di chiudere gli occhi. Di essere ciechi e non voler vedere. Non per viltà ma per paura.

Una paura tremenda di vedere le cose per ciò che sono. Di accorgersi, un giorno, che ciò in cui si credeva, alla fine, non è altro che fumo e niente arrosto.

Il nostro Organismo, però,  è spesso inascoltato. Proprio come successe a Cassandra che, punita da Apollo per un suo rifiuto, fu condannata a non essere creduta per le sue profezie nefaste.

Il non credere a Cassandra significa non dare fiducia al proprio sentire, al proprio Vero Sé e, da qui, non saper riconoscere la totalità della propria Esperienza immediata; non solo quella dell’Altro, bensì – e, in tal senso, cosa non da poco – la nostra. Quella che ci appartiene e di cui siamo – volenti o nolenti - responsabili

È vero: la verità che ci suggerisce la nostra Saggezza Organismica (Rogers, 1951) fa male. Ma è necessaria per crescere.

E, per crescere, occorre necessariamente attraversare il guado della menzogna. Come ci mostra l’eroina de “Il Fidanzato Masnadiero” (F.lli Grimm). Una fiaba truculenta, dai contenuti forti. Un racconto che scuote e che mette in crisi la nostra Anima Bella. E, per questo, autenticamente vera.

Se il Mito di Cassandra, allora, rappresenta la distorsione e la negazione della realtà (Rogers, 1951), di una verità troppo dolorosa da integrare alla coscienza (ibidem), la protagonista de “Il Fidanzato Masnadiero” incarna il coraggio del nostro Organismo nel voler “smascherare” la fallace finzione della propria Esistenza.

Per chi non conoscesse la Fiaba, la riassumo brevemente: una giovane donna viene data in sposa ad un uomo considerato, all’apparenza, un buon partito.

Tuttavia – e, qui, badate bene – la ragazza ha fiuto; non si fida: accetta, sì, l’invito del fidanzato a recarsi nella sua casa, sita in un fitto bosco, ma, allo stesso tempo, prova paura; sente che c’è qualcosa che non va.

Detto alla Rogersiana, l’Organismo della nostra protagonista percepisce e annusa il pericolo.

Il suo Organismo è così saggio che, nonostante il pericolo e il terrore, non cede nel voler scoprire la cruda verità, ossia che il suo bel e ammirato fidanzato altri non è che un perfido cannibale (in tal senso, questa Fiaba assomiglia a Barbablù di Perrault).

Non solo riesce a riconoscere, senza distorcerla, la realtà, ma è in grado anche di verbalizzarla.

Grazie alla Parola, alla Narrazione che la salva (Carubbi, 2019), la nostra eroina ottiene Giustizia e Verità. La sua congruenza (Rogers, 1957) l’ha resa libera. Infatti “il masnadiero, che durante il racconto era diventato pallido come un morto, si alzò con un balzo cercando di scappare; ma i convitati lo tennero fermo e lo consegnarono alla giustizia. Così lui e tutta la masnada furono giustiziati” (F.lli Grimm, trad. it., p. 177).

Come a dire: entrare nel profondo della propria anima, della propria foresta interiore, può essere spaventoso ma è l’unico modo per entrare in contatto – in un contatto vero e autentico – con ciò che ci suggerisce il nostro Organismo (Rogers, 1951). Un Organismo che non mente mai.

Francesca Carubbi

Psicologa e psicoterapeuta

Autore e condirettore di Collana, Alpes Italia
 

www.psicologafano.com

www.alpesitalia.it

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